giovedì, settembre 14, 2006
posted by Fabrizio Giannone at 08:41
Ci sono giorni disconnessi. Il tempo oggi non aiuta di certo, neanche il finestrino della macchina rotto che permetteva a grossi scrosci di acqua di invadere il mio spazio personale. Arrivato dalle parti del bar ero bagnato come se fossi venuto a piedi, il problema è che sono salito a Nizza in una comoda Golf. L'auto del medio borghese. Mediocre borghese che puzza di cane bagnato.
Il mio nano e i Pearl Jam mi accompagnano dal parcheggio al cappuccino. Un tizio sulla cinquantina grida nelle mie orecchie che ho passato tutta la vita a lamentarmi che le cose vanno solo male, che ha visto questa vita sprecata e non ha potuto fare altro che scapparne. Mi ingobbisco un pò nel giubbotto, con le braccia belle tese e le mani sprofondano nelle tasche dei pantaloni. C'è un che di grottesco nella musica che ascolto stamattina, non riesco a non ridere. I pensieri sfuggono presto lontano, per fortuna arrivo altrettanto velocemente al bar.
La cameriera continua a sorridermi, io se potessi darei fuoco alla cameriera. Non mi permette di concentrarmi. A cosa stavo pensando? Ordino il solito miscuglio di latte, caffe e bruciato. Arriva quasi immediatamente; mi sono sempre chiesto come facessero, sono arrivato a pensare che dietro il bancone abbiano un miliaio di tazzine già pronte. Disconnesso.
Improvvisamente mi trovo in ufficio, anzi è già un'ora che sono qui. Me ne sono dimenticato. E' passata senza che me ne accorgessi. Inizio a pensare di essere schizzofrenico. Forse dissociato. Uno dei tanti Fabrizio, quello che si preoccupa di tutto, fa due passi fino alla finestra. Un paio di metri più in basso di lui c'è una Golf grigia, la stessa di sempre, piena di acqua fino all'altezza dei finestrini. Se non fosse sua sicuramente ne riderebbe. Un altro Fabrizio pensa che finalmente possiede un inutile acquario. Alla radio suona You Mine Thing.
Io mi sento semplicemente fuori di me. Spero in qualche mail carina, ma la mia box è vuota. Ripenso al colore del grano, alla figura di merda fatta poco tempo fa per aver puntualizzato in un messaggio che a me rimmarrà il colore dell'erba medica, nonostante abbia letto almeno una trentina di volte Il Piccolo Principe. Nonostante ne abbia sottolineato almeno tre diverse ristampe, abbia preso appunti di vita a margine di quelle dolci pagine. Ignoranza spinta, ignoranza sotto vuoto.
La malinconia. Ti culla dolcemente. Si balla come un lento. Parole sante. Vivere una vita non tua, essere ammaestrato e abbandonato. Un tramonto che non ti coccola. Il pianto soffocato stringendo i denti. Mi immagino perso tra le onde a pancia in su. Immagino come potrebbe essere dolce morire. Felicità e realtà. L'amore è ferito. Il lavoro è pesante ma tocca, la poesia finisce e si torna a vivere parzializzati.
Manca il sapore.