sabato, febbraio 24, 2007
posted by Fabrizio Giannone at 18:47
Follow me into the desert
As thirsty as you are
Crack a smile and cut your mouth
And drown in alcohol
‘Cause down below the truth is lying
Beneath the riverbed
So quench yourself and drink the water
That flows below her head

Oh no
There she goes
Out in the....sunshine
The sun is mine...sun is mine

I shot my love today
Would you cry for me?
I lost my head again
Would you lie for me?

Close your eyes and bow your head
I need a little sympathy
‘Cause fear is strong and love’s for everyone
Who isn’t me

Kill your health and kill yourself
And kill everything you love
And if you live you can fall to pieces
And suffer with my ghost

I shot my love today
Would you cry for me?
I lost my head again
Would you lie for me?

I left her in the sand just a burden in my hand
I lost my head again
Would you cry for me?
It's just a burden in my hand
It's just an anchor on my heart
It's just a tumor in my head
And I’m in the dark

So follow me into the desert
As desperate as you are
Where the moon is glued to a picture of heaven
And all the little pigs have God

Oh no
There she goes
Out in the....sunshine
The sun is mine...sun is mine

I shot my love today
Would you cry for me?
I lost my head again
Would you lie for me?
I left her in the sand just a burden in my hand
I lost my head again

Would you cry for me?
Baby, would you cry for me?
 
lunedì, febbraio 12, 2007
posted by Fabrizio Giannone at 08:37
Un'ordinata fila di lampioni illumina la via deserta. Proiettano un'ombra sola. Cammino verso la macchina della ditta. Pochi metri da casa mia al parcheggio del supermercato vicino. Due borse mi accompagnano nel mio breve tragitto. Il portatile in una mano, la cassetta da intervento nell'altra.
Mi sento svuotato. La settimana è stata lenta e faticosa. Il finesettimana lo è stato ancora di più. Domani mattina in ufficio, dopodomani dall'altra parte del mondo. Odio le partenze da una vita. Lascio sempre qualcosa. Già. Tranne questa volta. Nonostante la casa e la famiglia. Nonostante gli amici. Nonostante le simpatie sentimentali e fisiche. Nonostante.
La notte passa veloce. Come da un pò di tempo a questa parte, ho dormito male. Svegliandomi parecchie volte in preda all'angoscia. Già. Un vuoto dentro. Per fortuna si fanno presto le sette. Posso andare a lavorare.
Il cielo anche questa mattina non è buono. Nuvole, ma non verrà a nevicare. Sto ancora guidando verso qualche posto con l'idea di non essere mai arrivato da nessuna parte. Mi sento veramente giù.
Ieri ho visto nuovamente il suo viso. Triste. A disagio. Mi sento pugnalare il cuore ogni volta. Me ne dispiaccio, ma penso che sia stata la soluzione migliore. Evitare. Il delirio della mia vita. L'incapacità di mantenere fisso un punto nello spazio, esprimere un'idea nel tempo, accompagnare una mano in qualunque posto. Molto più semplice cambiare, cercare l'impossibile che tanto non verrà mai. E dispiacersene. Odio un tipo di carattere che mi appartiene. In pieno.
Ed è per questo, per la perdita di significato che ha subito questo posto, per la neccessità di mantenere privati certi sentimenti che come un treno mi hanno investito, per il bisogno di riprendere a correre senza pesi, a volare come un tempo, come questo caldo autunno in cui tutto era leggero e sembrava possibile, il blog chiude.
Addio a data da determinare.
 
sabato, febbraio 10, 2007
posted by Fabrizio Giannone at 18:42
Tre foto per ricordarmi che devo proprio cambiare (o che forse mi devo proprio cambiare?)...il resto qui: http://www.flickr.com/photos/marco-novelli/




 
giovedì, febbraio 08, 2007
posted by Fabrizio Giannone at 07:19

06 febbraio 2006

Ore otto di mattina, o giù di lì. Viene a nevicare. Guardo il cielo, non ancora a giorno, attraverso la luce fredda ed artificiale di un tubo a neon. Timidi fiocchi di neve cercano, con poco successo, di farsi largo fra migliaia di gocce d’acqua che come un esercito ordinato scendono lungo la superficie irregolare del palazzo alle mie spalle. Il freddo pungente mi obbliga a stringere le spalle all’interno di un giubbotto di almeno due taglie più grande. Penso alla neve. A come fra tutti i fenomeni atmosferici sia la più comunista. Lei scende e copre ogni cosa adattandosi alle imperfezioni e in qualche modo pareggiandole. Forse dovrebbe essere rossa e non bianca e magari a forma di tanti falcetti e martellini. Forse aggiusterebbe pure me.

Vorrei essere altrove, Parigi non mi è mai piaciuta. Il destino mi ha sempre trascinato qui ogni volta che le cose non andavano. Senza mai trovare alcuna cura. Mi rimane difficile rimanere concentrato sull’innocenza della neve, i pensieri saltano da un ponte all’altro e con profonda tristezza non ci trovano più nessuno. Ho passato l’intera estate a costruire ed è bastato un misero mese, anzi solo una manciata di giorni, a portarsi via tutto e a rimettermi nel mio mondo malato. Forse è qui che ho edificato le mie certezze. Migliaia di castelli di carte senza radici solide. “Una patetica esistenza dai mediocri interessi”…ancora grazie per la descrizione con poche e graffianti parole!

Piangere. Forse vorrei piangere. Se non altro mi libererei per qualche ora. Ma le lacrime sembrano non volere più scendere. Forse molto più semplicemente sono finite. Pindaricamente volo ad Acqui nelle mie stanze vuote. Quale facciata descriverebbe meglio questo mese di febbraio e il mio stato d’animo? Mi sento stanco, mi ripeto ossessivamente che dovrei lavorare solo un po’ di meno. Intanto osservo che non servirebbe a nulla. Continuerei ad essere stanco. E penso a quella frase letta pochi giorni fa: “malattia: raddoppiare gli sforzi quando si è perso di vista l’obiettivo.” Un sorriso improvvisamente si dipinge sul mio volto. Già l’obiettivo è andato perso tanto tempo fa, perché continuare a sforzarsi per raggiungerlo? Mi arricchirebbe? Conosco la risposta da quasi un anno ormai. Penso allora ad altro. Voglio ancora sperare che nella vita esistano delle magie. E che ne valga la pena. Già.

L’autista arriva e inizia un altro giorno.

Mezzogiorno o quasi. Non nevica. Sono però ricoperto da una spessa patina di grasso. Nonostante ormai rientri nella poco ristretta cerchia degli obesi il grasso non è mio. La fabbrica per la quale è iniziata la trasferta è ferma praticamente dall’inizio del secolo scorso, penso che dopo la costruzione della torre Eifell abbiano deciso di non utilizzarla più. È raccapricciante, ma affascinante, come tutti i miei rapporti sentimentali. Un dedalo di strutture metalliche che mi immagino un giorno sbuffanti giace nell’ombra abbandonata da anni. Ora vogliono tirarla a nuovo e allettandoci con fondi illimitati mi chiedono cosa ne farei. Io penso ad un luna park ed ai film di Tim Burton, proverei a suggerirgli nani in calzamaglia, spilungoni in frac con il volto truccato da teschio e qualche zucca qua o là, avrei anche un amico in grado di procurarmi qualche cadavere, ma mi sa che non sarebbero felicissimi di questa risposta, inoltre mi accorgo che mi mancano alcune parole in inglese per spiegargli il tutto…sennò vedrebbero anche loro. Insieme ai proprietari vaghiamo per i lunghi corridoi, costellati da serie infinite di tubi rosso vermiglio, valvole e rubinetti; le potenzialità mi sembrano infinite. All’incirca come la noia che inizia a montarmi in spalla sotto forma di scimmiotta. Mi manca un organetto a manovella ma ormai mi immagino parte del luna park.

Ho ancora tempo per osservare la classica fila di lucernai che interrompe la continuità della lamiera ondulata del tetto; attraverso uno di essi questa volta non filtra luce come in tutti i racconti che si rispettino, ma cade senza cura dell’edera. Ha un qualcosa di romantico. Chiaramente il segnale non arriva al mio cervello.

Il breve, ma non troppo, tour all’interno della struttura dimenticata termina. Prendo tempo per elaborare un intervento. Mi accorgo con non poca ansia delle mie dita, specialmente delle loro estremità. Penso che non riuscirò mai più a ripulirmi.

Diventa l’una. Mi levo il camice bianco monouso che accuratamente ripongo in una macchina che lo distruggerà con altrettanta cura. Andiamo a mangiare qualcosa in un ristorante di lusso. L’immagine dell’ennesima bottiglia di Bordeaux e l’unica che ricorderò per parecchie ore.

19:55. Completamente spanato. Così si dice dalle mie parti. Sono seduto su una panchina per un attimo di riposo. Sento bambini gridare ed il cielo sembra un enorme tatuaggio nero, ma non sono in una canzone dei pearl jam. Provo ad immaginarmi i loro nomi, fa uno strano effetto, ma questo giochetto che di solito mi diverte molto, qui non viene. I bambini non gridano parole in italiano e quello strano effetto finisce ancora prima di iniziare. Sono abbastanza stanco, quindi, completamente solitario, mi dirigo verso l’albergo cercando di incontrare, almeno con lo sguardo, più donne possibile. Non si sa mai.

Mi ci vuole un caffé, quindi mi butto nel primo bar che trovo e chiedo un peti cafe. O perlomeno qualcosa che si pronuncia così. Effettivamente mi porta quello che avevo chiesto, in più è molto carina. Purtroppo la lingua non aiuta e il massimo dell’approccio è Merci, parlevuangle? Risposta negativa e risata successiva. Tutto termina. Anche stasera mi devo dedicare alla ricerca del mio io.

 
venerdì, febbraio 02, 2007
posted by Fabrizio Giannone at 08:19
Passo lenta la mano sulla superficie irregolare. Ogni incavo o imperfezione è un sussulto al cuore. Il rito sta per essere consumato. I fianchi sono come gole di montagna. Il ventre ricorda una spiaggia lontana. Le dita scorrono sulla colonna vertebrale. Come tanti sassolini, la schiena vibra al mio passaggio. Ora si innarca. Posso sentirne l'odore circondarmi. Farmi suo. Questi due corpi prima distinti ora sono una sola cosa. Un morso diventa un bacio. Uno schiaffo una carezza. In questo mondo tutto raggiunge un significato nuovo, più alto. Provo ad allontanarmi, ma è impossibile. Sono completamente assorto. Ora respiro, penso e vivo alla stessa sua velocità. Molti brividi raggiungono ordinatamente la base del mio capo. Vedo prima un sorriso poi lacrime sulla sua faccia. Un'esplosione incontrollabile ci travolge. Ci dichiariamo amore eterno.
Questo vuol dire toccare l'anima. Questo è per sempre. Questo non va più confuso a piacimento.

Fabrizio "stufo di immature" Giannone
 
giovedì, febbraio 01, 2007
posted by Fabrizio Giannone at 12:35
I piatti li ha lavati mia madre
La nebbia cela cose dolorose
Non comprerò mai nè una micra nè una panda
Fastweb non funziona ancora
Stanotte non ho dormito
La colonna sonora di 2001 odissea nello spazio
Mancanza di sentimenti
Vuoto spinto
Dormo poco e male
Il lavoro è insoddisfacente
Fra una settimana parto per il Messico
La casa va avanti piano
La coperta è da lavare (così me la riporto a casa)
La macchina è da lavare
Sono innappetente
Sono stato ripetente
Sono stanco
Soffro di mancanza di autostima
Non ho nulla da dare
Non mi interessa prendere nulla
Qualche persona mi ha deluso
Ho deluso mè stesso in principio
Ho deluso molte persone in seguito
Piuttosto che pelato mi incollo anche solo un capello sulla testa
Amo gli animali
Amo i bambini
I bambini mi amano
Non mi riesce di amare gli adulti
Ogni volta che provo ad amare qualcuno soffre
La vita è fantastica
La vita è una delle cose per cui vale la pena vivere
Forse dovrei crescere
So leggere il futuro
Se avessi una palla di cristallo la gente potrebbe pagarmi
Non seguo mai quello che vedo nel futuro
Ci azzecco sempre
Non faccio tesoro degli errori del passato
Oggi ucciderei, ma non sono arrabbiato
Forse mi farò la barba
Smetterò di inseguire le farfalle