mercoledì, gennaio 31, 2007
posted by Fabrizio Giannone at 08:03
L'improvviso gracchiare degli autoparlanti mi strappa con un'ormai famigliare violenza dai miei pensieri per riportarmi sulla terra. La nebbia, fuori dal finestrino, circonda la macchina e sembra voler nascondere le imperfezioni, ormai troppo numerose, di una vita, la mia, fuori controllo. Deluso.
Le solite canzoni dei Limp Bitzkit mi accompagnano anche questa mattina. Parlano di amori mediocri, di vite difficili, di sesso e riscatto. Mi chiedo se mi stiano leggendo dentro. La mancanza di parole. Questo è ciò che non riesco a togliermi dalla testa oggi. Insipido.
Provo a concentrarmi su altro. Giusto il tempo di arrivare al bar. Penso alla montagna di piatti che ho lasciato ieri nel lavandino. Forse stasera li laverò. Forse. L'ennesimo forse di una vita piena di se. Arrivo.
Fuori dalla macchina non fa freddissimo. Almeno così mi sembra. La nebbia è fitta, mi viene difficile vedere la fine della via. Meglio così penso. Focalizzo ogni attenzione sulle poche foglie fuggite all'alacre lavoro degli spazzini che cercano di ammucchiarle probabilmente per bruciarle. Il rumore degli atomizzatori, unito a quello del traffico mattutino di una piccola città mi aliena ancora di più.
Riesco ad attraversare la strada senza farmi uccidere, nonostante lo stato ormai catatonico che mi contraddistingue. Senza alcuna soluzione di continuità passo nel silenzio quasi irreale di un bar deserto. Questa mattina sono arrivato talmente presto che l'unica presenza sta dietro il bancone. Ordino il solito cappuccino; penso che, appena sarà finita la casa, non verrò più a fare colazione qui. Non ne sono triste.
Pian piano, senza produrre alcun rumore, entrano i soliti clienti. Li vedo da due anni quasi ogni mattina; non conosco nemmeno un loro nome. Sono conosciuti sconosciuti. Tutto ciò mi estrania ancora di più dalla mattinata.
Come ogni giorno entra anche una ragazza bionda di ventotto anni. E' l'unica persona di cui conosco il nome. Un anno e mezzo fa ci siamo scontrati un pò. Ora, come per tutte le mie relazioni, è rimasto il saluto e il classico "come va? Tutto bene". Me ne domando il significato. Chiaramente non c'è.
E' una bellissima ragazza, ora passo a chiedermi come mai non ha funzionato, ma poi altrettanto velocemente penso che anche per questo non c'è risposta. E' una vita che ho davanti il meccanismo, però non ne comprendo ancora il funzionamento. Forse è proprio questa nebbia ad affascinarci tanto.
Ho voglia di compagnia, mi siederei con lei, ma sono quasi le otto. Saluto, pago il conto. Torno alla macchina. L'odore della città mi riempe i polmoni. Mi sovvengono le delusioni ricevute e date. Guardo ancora la vetrina del bar. Mi immagino lei chiedermi perchè mi comporto così. Mi pitturo porre la stessa frase all'attenzione di qualcun'altra ragazza. Si disegna un'enorme catena d'amore e odio. Penso a crescere ancora un pò.