lunedì, aprile 02, 2007
posted by Fabrizio Giannone at 08:10
Un altro lunedì mattina. Un'acidità ben distribuita mi ricorda di bere di meno. Fisso il monitor con un vuoto sguardo, dovrei lavorare ma il massimo che mi riesce è scrivere un post. Tiro intanto le somme del weekend. Il risultato, non altissimo, mi lascia come al solito estraniato.
Alla radio una ragazza di vent'anni racconta il suo desiderio irrealizzabile di avere un bimbo. Penso che vorrei piangere, il pensiero ora è come, al solito, molto, troppo, lontano dall'ufficio. Sparso. Vorrei essere in spiaggia, piedi nell'acqua, libro tra le mani. Vento e sole sulla faccia, nessun ricordo sul cuore, nessuna maschera da vestire. Io. Limitato e abbozzato. Ma io.
La complessità della vita, le infinite espressioni della forma, le continue connessioni della sostanza. Stanco e impreparato. Mi sento inadeguato. In rincorsa, col fiatone, comunque cerco di capire, assimilare, ascoltare e scrivere. Ma il mondo non aspetta. Mi sforzo nell'idea che qualcosa da volere raggiungere esiste. Semplicemente non l'ho proprio trovato. Cose che avrei potuto ma non ho. Cose che anche se avessi avuto non mi avrebbero avuto. Stanco, sempre di più. Il movimento della vita. Ora ho mal di testa. Ma non riesco a piangere. Non è possibile.
Sono ancora solo in ufficio. Un grido non proprio soffocato esce dal cuore e probabilmente anche dalla bocca. Scendo di un piano per cercare dell'acqua. Questo tipo di ricerche è sempre il più facile. L'obbiettivo è chiaro, il metodo pure. Trovata una bottiglietta qualsiasi risalgo le scale due gradini per volta. Corro verso qualcosa. Inutilmente la mia scrivania. Alla radio ora suona una bella canzone, controllo dalle finestre che non sia arrivato nessuno e ballo al centro della stanza. Sono io questo. Solo questo. Due lacrime scorrono sulle guance, libere. Ho ritagliato la mia spiaggia anche oggi, nessun libro, ma la musica, quella non mi ha mai lasciato. Sempre dentro al cuore.
Ora non importa, la settimana è iniziata.