mercoledì, novembre 16, 2005
posted by Fabrizio Giannone at 08:24
Seduto su un molo del porto guardo la mia mente scomparire. Undici parole, un ritratto, una sensazione. Questa è la forza delle parole. Certo non è la stessa cosa di un foglio e una penna...ma ci siamo quasi. Ci pensavo ieri, ci penso ora. Quale profonda contraddizione alberga in esse. Non vi è mai capitato di voler dare un nome a una cosa che nome non ha, voler dare una forma a ciò che forma non ha? A me si. E in questi giorni più volte.
La rabbia è passata, è rimasta solo quella contraddizione. Sono rimaste solo parole.
Ho cercato. Senza successo. Non sono riuscito a descrivere quello che provo, quello che sono, a persone a cui voglio bene, a persone che amo. Tutto senza prima capire che io non ho ancora una mia dimensione, ancora non mi amo, ancora non mi conosco.
Ho pensato. A quanto io, e molte delle persone che ho intorno, sia ancora attratto e mi senta vivo solo in quegli istanti, che possono sembrare infiniti, dove ho l'impressione di possedere la cosa che scappa. Come quando si è bambini. Non si cresce mai, non si smette mai. Immaturo immaturo immaturo.
Ho pianto. Finalmente sono riuscito dinuovo a piangere, per la situazione in famiglia, per aver capito che la persona che amo non ha nulla da darmi e io non ho nulla da dare a lei, per la stanchezza sul lavoro, per attirare l'attenzione, per la speranza di ottenere quello che non posso avere, per rabbia, per immaturità, a causa della gente che ottiene quello che voglio io, a causa del mio sentirmi inadeguato. Per sentirmi amato. Non ha funzionato.
Ho amato. Ho dato tutto me stesso, ho cercato di essere un pezzo di un'unità, ho difeso e condiviso, ho lottato con le unghie per dimostrare quello che provavo, non mi sono arreso difronte alle imprecisioni della vita, alla realtà delle cose. Ho dipinto senza tela. Ho scalato una montagna mai toccata dall'uomo. Sono caduto. Dinuovo a terra, violentato dalla durezza della vita. Incapace a capirne i mille perchè, incapace ad adattarmi ai tempi delle persone, alla loro voglia di sentire la vita scorrere nelle vene...cosa che non sono molto bravo a dare.
Ho danzato. Mi sono sentito leggero, senza peso, per solo pochi istanti, il mondo ero io e nessuno avrebbe potuto ferirmi o urtarmi. E' stato un ballo, uno sballo. E' stato un momento di unione, uno di quelli per cui continuo a vivere. Una delle poche esperienze che mi permette di entrare davvero in contatto con le persone, di lasciare un pezzo di me negli altri. I fabrizietti. Peccato essersi riflessi in uno specchio vuoto. L'immagine era sfuocata, sfalsata, senza significato. L'altra metà non sarei dovuto essere io.
Eccomi qui. Le mie infinite contraddizioni, le mie domande, ma nessuna delle mie risposte. Ancora una volta mi sento un contenitore in attesa del contenuto. Ho aspettato.